Santa Bernardita por Ermes Dovico
CONTROANALISI

Se l'Occidente diventa il capro espiatorio

Le recenti crisi nel Maghreb e in Egitto hanno ridato fiato a chi accusa l'Occidente perché "fa affari" con i dittatori. Ecco perché sbagliano...

Actualidad 26_01_2011
disordini
Nel suo 21° dossier annuale, appena pubblicato, l’organizzazione non governativa Human Rights Watch, che ha sede negli USA, rimprovera all’Unione Europea di essere troppo morbida nei confronti dei regimi repressivi: dialogo costruttivo e cooperazione economica, presentati come fattori di sostegno ai popoli oppressi, in realtà servono a evitare di assumere posizioni più severe ed efficaci.

La denuncia di Human Rights Watch viene per ultima dopo che, nei giorni scorsi, diverse analisi sulle cause delle rivolte di Tunisi e Algeri hanno insistito sul fatto che chi fa affari con i dittatori e ne tollera il comportamento diventa responsabile dei loro misfatti: le dolorose condizioni di vita dei popoli sottomessi alle dittature si devono alla comunità internazionale “tradizionalmente silenziosa sulle pratiche totalitarie e sugli abusi commessi in alcuni paesi”– per usare le parole di Marwan Bishara, analista politico della rete televisiva al-Jazeera.

C’è un fondamento in questa affermazione che però diventa insostenibile allorché il campo si restringe unicamente all’Occidente. “Quando alcuni regimi, come quello tunisino, cooperano con le controparti occidentali – sostiene Marwan Bishara – i loro abusi sono generalmente ignorati. Questo spiega il silenzio dei leader occidentali e la confusione sulla rivolta tunisina, ma anche la loro corsa a sostenere la rivolta dell’opposizione iraniana. Chiamatela ipocrisia”.

Sulle pagine del quotidiano algerino El Watan, il 16 gennaio il bersaglio è la Francia “sorda e cieca alla rivolta popolare”: i suoi leader, “rifiutando di condannare la corruzione e la repressione di ogni espressione democratica, si sono fatti protettori di un regime poliziesco”. Asharq al Awsat, quotidiano di proprietà saudita, il 10 gennaio pubblicava un editoriale firmato da Hamad al-Majid, ripreso in Italia dall’agenzia di stampa Misna, sempre solerte nel riportare le critiche all’Occidente: “L’errore fondamentale commesso dall’Occidente – vi si legge in riferimento all’Algeria e alla Tunisia – è stato di non esercitare alcuna pressione morale su questi paesi perché migliorassero le relazioni con la popolazione avviando genuine riforme economiche, politiche e di sviluppo, combattendo la corruzione, smantellando lo stato poliziesco. In assenza di queste pressioni, è sorto e cresciuto un senso di oppressione e ingiustizia confluito in rivolte e proteste violente”.

Dal mondo arabo-islamico all’Italia: si deve ancora a Misna la divulgazione dell’analisi di Antonino Pellitteri, docente di Storia dei paesi islamici presso l’ateneo di Palermo, secondo cui l’Europa va ritenuta corresponsabile della crisi sociale di certi paesi: “Fare affari con i circoli ristretti di Tunisi è una pratica comune di determinati settori economici italiani e francesi che alimenta però il grado di corruzione dell’elite al potere e amplia le differenze tra questa elite e il resto della popolazione” (Misna, 12/1/2011).

Queste analisi, saggi di una vasta letteratura internazionale, richiedono alcune ovvie, ma non scontate considerazioni. Innanzi tutto esse confermano che, sotto l’influenza dell’ideologia antioccidentale, in certi ambienti intellettuali l’Occidente è ritenuto colpevole e riprovevole sempre: lo è se, ad esempio, impone sanzioni a Robert Mugabe, presidente dello Zimbabwe, perché non rispetta le regole democratiche, reprime con la violenza la popolazione e ha portato alla bancarotta il suo paese; e lo è se ottiene un mandato di cattura internazionale contro Omar Hassan el Bashir, presidente del Sudan, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità, genocidio e crimini di guerra. In entrambi i casi si parla di ingerenze indebite e di arroganza imperialista. Ma, come si è visto, anche non intervenire o farlo debolmente rende l’Occidente colpevole.

In secondo luogo, per meritare attenzione, chi denuncia i governi occidentali dovrebbe rivolgere le stesse accuse ai Bric: Brasile, Russia, India e Cina. Invece l’ideologia antioccidentale induce coloro che la condividono addirittura a complimentarsi con la Cina perché tratta affari con i regimi africani senza porre condizioni di buon governo, lotta alla corruzione e promozione dei diritti umani come cercano ormai di fare, forse tardivamente, i paesi occidentali.
Trattandosi di Algeria e Tunisia, ha poi dell’inverosimile che, se proprio si vogliono individuare responsabilità esterne, non si parta prima di tutto dal ruolo svolto dagli stati arabo-islamici e africani e dagli organismi di cui sono membri come la Conferenza islamica, la Lega Araba e l’Unione Africana.

La terza considerazione è che si fa torto alla verità e non si aiuta di certo la causa dei poveri e degli oppressi trasformando ogni evento sociale e naturale infausto in un pretesto per attaccare l’Occidente.