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No global, contestatori e pro Lgbt: al Sinodo sfilano volti poco sinodali

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Sconcerto per la nomina, tra gli invitati speciali del Sinodo, del bestemmiatore Luca Casarini. Ma anche sul versante ecclesiale le cose non vanno meglio: gli attivisti della causa gay Martin, De Kesel e Inogés Sanz sono stati voluti personalmente da Bergoglio. E c'è anche il teologo Dianich, che firmò il documento di dissenso contro Ratzinger e san Giovanni Paolo II. 

Ecclesia 08_07_2023

Chi ha pensato ad una paradossale omonimia rimarrà deluso: quel Luca Casarini invitato speciale alla XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi è esattamente lo stesso Luca Casarini noto alle cronache per essere stato leader della sinistra no global nonché portavoce delle Tute Bianche al G8 di Genova del 2001. Chissà se non sia rimasto stupito un po' anche lui nell'apprenderlo, ripensando anche a quel video di Blob ripreso da Striscia La Notizia in cui bestemmiava e si riferiva poco elegantemente ad un gruppo di migranti invitati a mettersi alla testa di un corteo.

A condurre l'ex portavoce dei centri sociali del Nord-Est in Vaticano il prossimo ottobre sarà proprio il suo attivismo nell'accoglienza dei migranti che già tre anni fa gli valse una lettera di apprezzamento del Papa ed altre attenzioni dalla Santa Sede. Una causa che oggi lo vede capomissione di Mediterranea Saving Humans così critico con le politiche migratorie dell'attuale governo da augurarsi una «Norimberga per l'Olocausto del Mediterraneo» in cui - a suo dire - il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi «sarà alla sbarra »; ieri lo vedeva leader di piazza come quella volta a Trieste nel 1998 in cui, come tante altre volte, i manifestanti arrivarono ai tafferugli con la polizia per protestare contro i centri di detenzione migranti.

Insomma, Casarini è rimasto lo stesso: i cambiamenti ci sono stati Oltretevere. L'ufficialità della partecipazione come invitato speciale al Sinodo dell'ex leader antagonista arriva pochi giorni dopo l'udienza che il Papa ha concesso a Bill Clinton. Proprio all'ex presidente statunitense si deve l'iniziativa dei bombardamenti Nato su Serbia e Kosovo nel 1999 contro cui Casarini si fece conoscere anche al di fuori dai confini nazionali irrompendo sulla pista dell'aeroporto della base di Istrana. 

Ma sarebbe sbagliato soffermarsi solo sul nome dell'ex portavoce no global che, per il curriculum tra denunce, processi e polemiche, è comprensibilmente quello che fa più rumore in Italia nella lista di partecipanti al Sinodo. Casarini, almeno, non sarà votante a differenza di padre James Martin, gesuita autore di "Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone LGBT" e volto-simbolo di chi sa bene in cosa dovrebbero consistere quei «passi concreti per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità» di cui si parla nell’Instrumentum laboris. Martin è solo uno dei sei statunitensi scelti personalmente da Francesco per partecipare e votare al Sinodo, con una decisione che si presenta come l'ennesimo schiaffo in faccia alla maggioranza dell'episcopato a stelle e strisce.

Se dalla Conferenza episcopale statunitense sono stati scelti profili come quelli di Timothy Broglio, Daniel Ernest Flores, Robert Barron, Kevin Carl Rhoades e Timothy Michael Dolan, ecco che il Papa "riequilibria" il chiaro orientamento prevalente tra i vescovi andando a nominare i cardinali Blase Joseph Cupich, Wilton Gregory e Robert McElroy che rappresentano la linea minoritaria da lui però prediletta, come dimostrato dall'assegnazione delle porpore in questi anni. Questo metodo sembra poco incline alle istanze di sinodalità e collegialità di cui si parla nell'Instrumentum laboris.

Negli altri partecipanti di nomina pontificia spiccano i nomi di altri fedelissimi come il gesuita Antonio Spadaro e monsignor Marco Mellino, segretario del Consiglio dei cardinali. Francesco ha voluto che a prendere parte al Sinodo per sua nomina diretta siano figure come il cardinale pensionato Jozef De Kesel già dichiaratosi favorevole a celebrazioni per le relazioni di persone dello stesso sesso o la teologa spagnola Cristina Inogés Sanz, vincitrice del premio Arcoinbow a lei assegnato dalla «comunità cristiana LGTBI+H Crismhom di Madrid per il suo lavoro volto ad aiutare a dare visibilità alle persone LGBTQI+ durante il processo sinodale».

La sproporzione in queste nomine ad personam potrebbe condizionare inevitabilmente l'esito della discussione nelle due sessioni sinodali sui temi più divisivi. Di fronte a ciò, la decisione di chiamare il cardinale Gerhard Ludwig Müller e il vescovo di Passau, Stefan Oster, due autentici ratzingeriani, più che garanzia di pluralismo può dare l'idea di una foglia di fico. 

Tra gli invitati speciali, accanto al no global Luca Casarini, compare il teologo 88enne don Severino Dianich che ha partecipato agli incontri preparatori di questo cammino sinodale e che da sempre sostiene la tesi di una divaricazione tra carisma ed istituzione nella Chiesa. Di lui si ricorda anche la firma al cosiddetto Documento dei sessantatré in dissenso verso Roma (Giovanni Paolo II sul soglio pontificio e Joseph Ratzinger prefetto dell'ex Sant'Uffizio) su morale e ermeneutica del Concilio Vaticano II. Secondo Dianich, «nulla si toglierebbe alla fede che riconosce nel ministero ordinato un carisma costitutivo della struttura della Chiesa se l'assegnazione delle cariche ecclesiastiche, le nomine dei vescovi, l'amministrazione dei beni materiali fossero materia demandata a decisioni di carattere sinodale» (S. Dianich, Diritto e teologia: Ecclesiologia e canonistica per una riforma della Chiesa).

Una visione che però stride con l'impostazione centralizzata delle nomine dei partecipanti al Sinodo scaturita dalle recenti modifiche alla Costituzione Apostolica Episcopalis Communio e che vedono pure la scelta dei membri non vescovi fatta direttamente dal Papa selezionandoli in una lista di 140 persone a loro volta individuate (non elette) dalle riunioni internazionali delle conferenze episcopali. A proposito, tra le ultime modifiche a quella Costituzione Apostolica si specificava anche che «i rappresentanti dei Dicasteri che parteciperanno, sono quelli indicati dal Santo Padre». In effetti, a differenza degli ultimi Sinodi, tra i curiali non compare il nome del cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore, di cui si conosce la posizione a difesa del celibato sacerdotale e contro l'ordinazione femminile.