Il Papa in volo: Russia, Sinodo e un (ipotetico) successore
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Nella consueta intervista in aereo al ritorno dalla Mongolia, insieme ai temi "all'ordine del giorno", ripete il nome di Giovanni XXIV: nessuna ipoteca sul futuro, certo, ma è chiaro il profilo di chi vorrebbe al suo posto.
Francesco ieri è tornato a Roma e nel volo dalla Mongolia ha risposto, come di consueto, ad alcune domande dei giornalisti accreditati.
Non poteva mancare la domanda sul viaggio appena concluso. Rispondendo, Bergoglio ha citato un'omelia del 2007 del suo predecessore Benedetto XVI che ricordava come «la Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per “attrazione”». Con questo spirito il Papa ha scelto di visitare la Mongolia per poter conoscere la piccola comunità cattolica locale e testimoniare la sua idea di evangelizzazione.
Parlando della meta di questo 43° viaggio apostolico, Francesco ha riconosciuto la sua strategicità essendo terra di confine sia con la Russia che con la Cina. E le risposte su queste due potenze sono quelle più legate all'attualità della conferenza stampa aerea. Interrogato sulla missione in corso per allentare le tensioni russo-ucraine portata avanti con prudenza dal cardinale Matteo Maria Zuppi, il Pontefice ci ha tenuto a puntualizzare che ha scelto lui l'inviato e che in questa decisione ha pesato la sua passata esperienza nella risoluzione trovata per la crisi in Mozambico nel 1992. Nonostante le forti critiche piovute addosso alla Santa Sede per l'applicazione unilaterale dell'Accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi, Francesco ha ancora una volta difeso la strategia aperturista nei confronti di Pechino e dopo aver mandato un segnale distensivo al regime domenica raccomandando ai cattolici cinesi di essere «buoni cristiani e buoni cittadini», ha rincarato la dose dicendo che bisogna «andare avanti» per far sì che i «cittadini cinesi non pensino che la Chiesa non accetta la loro cultura e i loro valori e che la Chiesa dipenda da un’altra potenza straniera». In realtà, è noto che questa preoccupazione, più che riguardare i cittadini cinesi in generale, trova terreno fertile soprattutto tra le autorità cinesi.
In merito alla Russia, invece, sono arrivate le puntualizzazioni sul discusso discorso rivolto il 25 agosto ai giovani cattolici russi che gli era valso l'accusa di «propaganda imperialista» da parte di alcuni funzionari del governo di Kiev. Francesco ha detto di aver parlato di "grande Russia" riferendosi all'ambito culturale e non geografico. Seppur, come ha ammesso lo stesso Pontefice, subito dopo aveva citato due zar come Pietro il Grande e Caterina anziché due artisti o intellettuali. In aereo, invece, il Papa ha citato Fëdor Dostoevskij ed ha giustamente ricordato che «la cultura russa è di una bellezza, di una profondità molto grande e non va cancellata per problemi politici».
Capitolo salute: se n'è parlato in una domanda relativa ad un possibile viaggio in Vietnam con l'ammissione che partire non è più facile come ad inizio pontificato. Francesco, a cui non fa difetto l'ironia, ha detto che se non andrà lui, «di sicuro andrà Giovanni XXIV». Non è la prima volta che il Papa, ironizzando su ciò che sarà dopo di lui, tira in ballo questo nome pontificale per il suo successore. Sembra proprio che Bergoglio, pur nello scherzo, abbia le idee chiare su chi vorrebbe al suo posto – almeno a livello programmatico – fino al punto da convincersi persino del nome che il nuovo Papa dovrebbe assumere. È chiaro che il riferimento a Giovanni XXIV va inquadrato nella categoria delle battute di spirito e non deve essere considerata un'indicazione al sacro collegio che, provenendo dalla bocca del Pontefice regnante, potrebbe persino qualificarsi come una forma di pressione.
Mentre si avvicina l'apertura della prima sessione del Sinodo sulla sinodalità, Bergoglio ci ha tenuto a mettere i suoi paletti in vista dell'inizio della discussa assise. Interpellato dal giornalista don Antonio Pelayo sulla prefazione del cardinale Raymond Leo Burke ad un libro che lo ritiene un vaso di Pandora per la Chiesa, il Papa non ha nascosto la sua insofferenza a queste critiche sostenendo che «se tu vai avanti alla radice di queste idee troverai ideologie». Le posizioni espresse nel libro Processo sinodale: un Vaso di Pandora e che esistono nella Chiesa non hanno trovato spazio nell'Instrumentum Laboris e più in generale nel cammino preparatorio. Saranno, tuttavia, rappresentate da alcuni prelati chiamati a partecipare e a votare al Sinodo. Ma non è detto che di questa voce critica avremo notizia: il Papa, infatti, ha spiegato che ci sarà un'apposita commissione guidata dal prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini che avrà l'esclusiva di dare le informazioni relative ai lavori del Sinodo attraverso comunicati stampa con l'indicazione di «non fare chiacchiericcio, ma di dire le cose proprio sull’andamento sinodale che sono costruttive per la Chiesa». Sembra di capire che la commissione presieduta da Ruffini sarà chiamata a decidere quali notizie sono costruttive per la Chiesa e quindi meritorie di essere comunicate all'esterno e quali no.
Di fronte all'obiezione di Cindy Wooden, corrispondente di Catholic News Service, che ha chiesto un Sinodo più aperto ai giornalisti lamentando il fatto che la loro esclusione dalle sessioni li costringerà ad attingere soltanto alle informazioni trasmesse dalla comunicazione ufficiale senza avere certezze sulla loro veridicità o completezza, Francesco ha risposto in modo piuttosto spiccio: «Se tu vuoi... se qualcuno vuole che le notizie siano: "questo se l’è presa con quell’altro per questo o quell’altro", questo è chiacchiericcio politico». In conclusione, nulla da fare: la ricostruzione dei lavori e delle discussioni del Sinodo dovrà obbligatoriamente partire dai comunicati stampa "sfornati" dalla commissione di Ruffini.
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