Viernes Santo por Ermes Dovico
LA PROLUSIONE DEL PRESIDENTE CEI

Bagnasco boccia il testo sulle Dat: «Inaccettabile»

Molti i temi toccati che riguardano l'attualità del dibattito sociale e politico nella prolusione del cardinale Bagnasco in apertura del consiglio Cei. Utero in affitto? «Doppia ingiustizia»; Gender? «Vigilare contro la colonizzazione»; e su Dat ed eutanasia il Ddl alla Camera è «inaccettabile». 

Ecclesia 21_03_2017
Angelo Bagnasco

Nell'attesa che la prossima Assemblea generale elegga la terna relativa alla nomina del nuovo Presidente, il cardinale Angelo Bagnasco ha aperto i lavori del Consiglio permanente della Cei che si svolge a Roma dal 20 al 22 marzo.

L'attuale presidente dei vescovi italiani, prorogato nel ruolo da Papa Francesco fino al maggio prossimo, ha aperto i lavori ieri pomeriggio con la consueta prolusione. Molti i temi toccati e che riguardano l'attualità del dibattito sociale e politico.

UTERO IN AFFITTO: DOPPIA INGIUSTIZIA

Il cardinale ribadisce un concetto semplice e ripetuto più volte dal mondo pro family, ossia «il diritto dei figli ad essere allevati da papà e mamma, nella differenza dei generi che, come l’esperienza universale testimonia, completa l’identità fisica e psichica del bambino. (…) Tale diritto», sottolinea Bagnasco, «non può essere schiacciato dagli adulti, neppure in nome dei propri desideri. Essere genitore è una cosa buona e naturale, ma non a qualunque condizione e a qualunque costo». La questione incrocia direttamente le recenti sentenze della Corte d'Appello di Trento e del Tribunale dei minori di Firenze che, con un deciso uno-due, hanno messo al tappeto il legame biologico parentale e persino la stepchild adoption (vedi QUI e QUI).

Per quanto riguarda l'utero in affitto, il cardinale di Genova parla di «violenza discriminatoria» nei confronti delle donne e rileva una duplice ingiustizia: «innanzitutto è violata la Dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959), che recita: “Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre”. Inoltre, sono negati i diritti delle madri surrogate, che diventano madri nascoste, anzi inesistenti, dopo essersi sottoposte – spinte per lo più dalla povertà – ad una nuova forma di colonialismo capitalistico: si commissiona un bambino, potendosi servire anche di elenchi – si fa fatica perfino a dirlo – di “cataloghi” che indicano paesi, categorie di donne, opzioni e garanzie di riuscita del “prodotto” che – se non corrisponde – viene scartato». 

VIGILANZA CONTRO LA COLONIZZAZIONE DEL GENDER

Citando Papa Francesco, il presidente della Cei ricorda che l'indottrinamento della teoria del gender è una vera e propria «colonizzazione ideologica» e richiama docenti e genitori a vigilare e non limitarsi alla teoria del lamento. È necessario, ha detto, «che gli adulti siano molto vigili; in particolare, i genitori, mentre si danno disponibili per gli Organi di partecipazione previsti dalla legge, si devono coinvolgere insieme agli altri genitori per il bene della scuola in ogni suo aspetto, sapendo che il Progetto Formativo annuale deve avere sempre il consenso informato della famiglia. Nessuna iniziativa, come nessun testo che promuova concezioni contrarie alle convinzioni dei genitori, deve condizionare – in modo diretto o indiretto – lo sviluppo affettivo armonico e la sessualità dei minori che, in quanto tali, non possono difendersi». 

LEGGE SUL FINE VITA: TESTO INACCETTABILE

Il disegno di legge sul fine vita, attualmente in discussione in Parlamento, non piace al cardinale Bagnasco. Si tratta di un testo che è ben lontano «da un’impostazione personalistica; è, piuttosto, radicalmente individualistica, adatta a un individuo che si interpreta a prescindere dalle relazioni, padrone assoluto di una vita che non si è dato».

Mentre molti commentatori si sbracciano per sottolineare che il disegno di legge non sarebbe eutanasico, ma vieterebbe solo l'accanimento terapeutico, il cardinale fa puntualmente notare che «l’accanimento terapeutico – di cui non si parla nel testo – è una situazione precisa da escludere, ma è evidente che la categoria di “terapie proporzionate o sproporzionate” si presta alla più ampia discrezionalità soggettiva, distinguendo tra intervento terapeutico e sostegno alle funzioni vitali». In altri termini, si rileva come il concetto di “proporzionalità” viene qui ad assumere il ruolo di una porta girevole attraverso cui far passare una forma camuffata di eutanasia.

«Si rimane sconcertati anche vedendo il medico ridotto a un funzionario notarile, che prende atto ed esegue, prescindendo dal suo giudizio in scienza e coscienza; così pure, sul versante del paziente, suscita forti perplessità il valore praticamente definitivo delle dichiarazioni, senza tener conto delle età della vita, della situazione, del momento di chi le redige: l’esperienza insegna che questi sono elementi che incidono non poco sul giudizio. La morte non deve essere dilazionata tramite l’accanimento, ma neppure anticipata con l’eutanasia: il malato deve essere accompagnato con le cure, la costante vicinanza e l’amore. Ne è parte integrante la qualità delle relazioni tra paziente, medico e familiari».

EUROPA DEI POPOLI, FEDELE ALLE SUE RADICI

Eletto nell'ottobre scorso presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), Bagnasco ha parlato delle sfide che attendono l'Unione europea. «C’è ancora più bisogno d’Europa, ma ad una condizione: che l’Europa non diventi altro rispetto a se stessa, alle sue origini giudaico-cristiane, alla sua storia, alla sua identità continentale, alla sua pluralità di tradizioni e culture, ai suoi valori, alla sua missione. L’Unione non è fatta dai Capi di Stato, ma dai popoli degli Stati membri, ed è ai popoli che bisogna pensare con stima e rispetto senza imporsi. Accelerare i processi non può significare l’omologazione di culture e tradizioni, e neppure la ricerca di compromessi al ribasso, né aggirare le dichiarazioni e le leggi comuni. E neppure limitare le sovranità nazionali. I Capi degli Stati e dei Governi sanno che essi sono delegati dei loro popoli e che nelle decisioni comuni devono tener conto delle loro Nazioni».