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Mostra blasfema o libertà di espressione? La parola al giudice

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Dopo le denunce dei fedeli, la Procura di Modena ha già chiesto al Gip l'archiviazione perché le opere di Saltini sono frutto della «libertà di espressione». I legali annunciano battaglia: «Il punto è l'offesa dentro un luogo sacro». Pro Vita & Famiglia raccoglie 30mila firme e chiede alla Santa Sede di intervenire.

Ecclesia 27_03_2024

La Procura di Modena ha aperto il fascicolo relativo alle due denunce sulla mostra di Carpi e ha già proposto al Gip l’archiviazione. Con una richiesta di archiviazione “lampo”, la vicenda giudiziaria della mostra Gratia Plena dell’artista Andrea Saltini, che ha infiammato di polemiche fedeli e no, entra nel vivo.

Sarà dunque il Giudice per le indagini preliminari di Modena a stabilire se l’iniziativa promossa dalla diocesi carpigiana è o no offensiva del sentimento religioso.

Il pm Giuseppe Amara, a cui il procuratore capo Luca Masini ha affidato lo scottante caso, che vede indagati il vescovo di Modena Erio Castellucci, i curatori della mostra don Carlo Bellini e Cristina Muccioli e l’artista Andrea Saltini, ha chiesto al Gip di archiviare.

Con motivazioni che non hanno affatto convinto uno dei due legali estensori dell’esposto, l’avvocato forlivese Francesco Minutillo che in un comunicato annuncia battaglia per mostrare davanti al Gip che invece la sensibilità religiosa è stata ferita.

Secondo Amara non ci sarebbe reato perché le «opere di Saltini sono frutto di una propria elaborazione che, condivisibile o meno, risulta libera manifestazione del pensiero» e per sostenerlo utilizza, citandola, una sentenza della Cassazione risalente al 2015 su un caso di un artista condannato.

La sentenza ribadisce che «in materia religiosa la critica è lecita quando si traduca nell’espressione motivata e consapevole di un apprezzamento diverso e talora antitetico risultante una indagine condotta con serenità di metodo da persona fornita delle necessarie attitudini e di adeguata preparazione».

Al contrario, trasmoda in vilipendio quando, «attraverso un giudizio sommario e gratuito manifesti un atteggiamento di disprezzo verso la religione cattolica, disconoscendo alla istituzione e alle sue essenziali componenti (dogmi e riti) le ragioni di valore e di pregio ad essa riconosciute dalla comunità e diventi una mera offesa fine a se stessa».

Utilizzando questo metro, la Cassazione aveva confermato la condanna per un artista che a Milano «aveva realizzato un trittico raffigurante il Papa ed il suo segretario personale accostati ad un pene con testicoli con la didascalia “chi di voi non è culo scagli la prima pietra”». Un’espressione, quest’ultima, stigmatizzata dallo stesso Minutillo: «In queste circostanze avrei evitato».

Resta dunque, la richiesta di archiviazione che con queste motivazioni, secondo il legale, non reggono: «Ci opporremo con fermezza alla richiesta della Procura che ci appare priva di motivazioni adeguate ed anzi giuridicamente inconsistenti e perfino surreali nella parte in cui citano un caso trattato dalla Cassazione nel quale veniva proprio condannato un artista per aver manifestato disprezzo verso la religione cattolica “disconoscendo alla istituzione alle sue essenziali componenti (dogmi e riti) le ragioni di valore e di pregio ad essa riconosciute dalla comunità e divenendo una mera offesa fine a se stessa”».

Secondo Minutillo, dunque, il punto non è la libertà di espressione richiamata dalla Procura: «Spiegheremo al Gip il punto fondamentale, che la Procura ha completamente omesso, ovvero che siamo di fronte ad un quadro che raffigura – senza possibili interpretazioni altrettanto surreali - un’immagine disgustosa di Cristo e, di più, che tale immagine è stata collocata all’interno di una chiesa ancora consacrata proprio di fronte all’altar maggiore».

Il contrattacco dei fedeli, dunque, più che sulla interpretazione dell’artista, sembra orientarsi proprio nei confronti della diocesi retta da Castellucci: «È tutto l’insieme della condotta e delle circostanze, attuate non solo dall’artista ma anche dagli esponenti della Curia, che devono essere valutate ai fini di comprendere la consistenza dell’ipotesi di reato proposta».

Secondo Minutillo, al telefono con la Bussola, «il pm si è concentrato sull’opera, non sul contesto chiesa-altare-autorità religiosa, la libertà di espressione non c’entra niente». Infatti, Minutillo contesta la richiesta di archiviazione dell’articolo 403 del codice penale, ma si chiede che ne è stato anche degli altri articoli del codice penale a suo avviso violati. In particolare, il 724 (bestemmia in luogo sacro) e il 725 (immagini oscene e contrarie alla pubblica decenza). «Si tratta di reati depenalizzati che dovrebbero essere stati trasmessi al Prefetto, per competenza, dato che per essi è prevista solo una sanzione amministrativa. Per questo farò accesso agli atti».

Nella memoria che Minutillo preparerà per il Gip (ha 15 giorni di tempo), si porteranno anche elementi volti a dimostrare ulteriori aspetti provocatori della mostra di Saltini.

Ci sono, però, due aspetti da approfondire nella giurisprudenza di legittimità citata dalla Procura. Anzitutto laddove, nell’escludere il vilipendio, si parla dell’artista come di «persona fornita delle necessarie attitudini e di adeguata preparazione». È evidente che non si parla solo di competenze artistiche, sicuramente presenti in Saltini, ma anche della sua conoscenza della materia. Ebbene: oltre a dichiararsi ateo, il pittore carpigiano ha completamente stravolto fin dal nome i suoi quadri, raffigurando scene evangeliche inesistenti, come la spoliazione della Beata Vergine Maria dai farisei oppure l’incontro tra Gesù e la Maddalena completamente fuori dagli stessi canoni scritturistici. E anche i titoli delle altre opere, un’Ascensione in luogo di una deposizione, o una Lavanda dei piedi chiamata Noli me tangere non depongono certo a favore di questo elemento.

In secondo luogo, c’è poi da aggiungere il fatto che il vilipendio, sempre citando la Cassazione, si configura «disconoscendo alla istituzione e alle sue essenziali componenti (dogmi e riti) le ragioni vere di pregio riconosciute dalla comunità». Ora, è evidente che chiamare un quadro Gratia Plena e disconoscere, oltraggiandolo, il dogma dell’Immacolata Concezione, come appunto si fa nell’opera che dà il nome alla mostra, abbia provocato la reazione negativa della comunità. Comunità alla quale la stessa sentenza attribuisce una facoltà di giudizio. E che dire del quadro in cui Gesù appare abbracciato alla Maddalena, che non fa altro che riproporre la stantia e ormai vecchia insinuazione di una relazione carnale tra i due? Non è questo un disconoscere, provocando, riti e dogmi?

Comunque, deciderà il giudice.   

Quel che è certo è che l’intento “sinodale” con il quale il vescovo Castellucci e il suo vicario generale monsignor Ermenegildo Manicardi hanno voluto rivestire la mostra, sta creando un bel boomerang dopo lo scoop della Nuova Bussola Quotidiana che ha dato per prima la notizia. Ieri, infatti, sono comparsi a Modena e a Carpi alcuni camion vela di Pro Vita & Famiglia per chiedere la chiusura della mostra, dopo aver raccolto oltre 30mila firme: «Ci appelliamo all’autorevole discernimento della Santa Sede, a cui abbiamo segnalato il caso - ha spiegato il presidente della Onlus Toni Brandi -, affinché possa suggerire la soluzione migliore per evitare che il piccolo gregge di Carpi resti ferito nel proprio sensus fidei proprio nei giorni in cui si celebra la Pasqua del Signore».

Segno che di sinodale non c’è granché in questa iniziativa culturale.



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