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Mostra blasfema, c'è una denuncia penale. E la Diocesi elogia l'artista

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Mostra blasfema di Carpi: il Comitato Quanta Cura presenta una denuncia in Procura per violazione dell'articolo 403 (vilipendio a confessione religiosa). Lo stesso fanno alcuni fedeli romagnoli. Ma la Diocesi elogia l'artista, ateo, inserendolo dentro un percorso sinodale e accusando i fedeli feriti di violenza sfacciata e di rompere la comunione.

Ecclesia 15_03_2024

L’articolo è il 403 del Codice penale: «Offesa a confessione religiosa». È un reato punito con una multa da 1000 a 5000 euro. Sul caso della mostra blasfema di Carpi arriva la prima, clamorosa, denuncia in Procura. A presentarla è l’avvocato Costantino Righi Riva a nome del neonato comitato Quanta Cura che raggruppa diversi fedeli delle diocesi di Modena e di quella di Carpi, che hanno deciso di passare ai fatti dopo gli appelli andati a vuoto a chiudere la personale dell’artista Andrea Saltini nella chiesa di Sant’Ignazio di Carpi.

Da ieri, dunque, l’esposto è sul tavolo del Procuratore di Modena Luca Masini che lo affiderà a un sostituto procuratore.

«Mi sono recato questa mattina in Procura – ha spiegato l’avvocato Righi alla Bussola – e ho depositato la denuncia aggiungendo anche un’istanza al pm perché prenda i provvedimenti cautelari che riterrà opportuni per interrompere la continuazione del reato».

Nel testo sono state allegate anche cinque fotografie delle immagini ritenute più blasfeme. Ma che cos’è il reato ipotizzato? «Ho individuato il 403 del Codice penale lasciando alla Procura la possibilità di individuare eventuali altri reati. Il «vilipendio alle confessioni religiose» può avvenire verso un ministro di culto, ma anche nei confronti della generalità dei fedeli e a nostro avviso la mostra offende la generalità dei fedeli e reca offesa ad una confessione religiosa, che è quella cattolica».

Secondo il legale, inoltre, ci sarebbe anche lo spazio per individuare un’aggravante nel comportamento della diocesi di Carpi e nella persona del vescovo Erio Castellucci. «Ho allegato alla denuncia anche le dichiarazioni della diocesi di difesa della mostra e in questo vi ravviso un’aggravante perché il compito di un vescovo dovrebbe essere quello di tutelare i luoghi sacri, non di dissacrarli come invece sta avvenendo a Carpi».

La denuncia prende le mosse dalla mostra «del pittore Andrea Saltini denominata Gratia Plena, aperta al pubblico dal 2 marzo 2024 al 2 giugno 2024» e analizza cinque opere, partendo da quella che più ha scandalizzato i fedeli che domani si riuniranno di nuovo davanti alla chiesa per recitare un Rosario di riparazione: «Nel dipinto denominato INRI – San Longino, Nostro Signore Gesù Cristo morto in croce che subisce un rapporto sessuale (fellatio)»; «Nel dipinto denominato Gratia Plena, la Beata Vergine Maria in atteggiamenti lascivi, che si offre agli sguardi di un gruppo di persone travisate, mostrando la propria disponibilità ad un rapporto sessuale di gruppo; «La parodia della deposizione dalla croce di Caravaggio (richiamata dal personaggio di fondo che alza le braccia al cielo in segno di disperazione) in cui si nota un motociclista con i capelli biondi ossigenati, vestito solo di una tutina attillata, sollevato da terra da alcune persone che indossano solo le mutande, con un chiaro rimando alla classica iconografia della deposizione di Cristo dalla croce».

E ancora, altre due opere: «La parodia di Nostro Signore Gesù Cristo coronato da onde radio in luogo di una corona di spine» e «nel dipinto Noli me tangere, un uomo accasciato sul corpo si una donna seduta, con un esplicito riferimento al Vangelo sebbene la raffigurazione mostri il contrario di quanto esposto nel testo sacro».

Secondo l’esposto «dall’esame di tali immagini risulta evidente l’intento spregiativo e dissacratorio dell’artista e di tutti coloro che hanno organizzato e permesso la mostra in un luogo sacro».

Va detto che secondo le intenzioni dell’artista mancherebbe l’eventuale “dolo” perché egli ha sempre spiegato di voler rappresentare altro, nel caso di Longino ad esempio la volontà di coprire le nudità di Gesù, ma la denuncia chiarisce che «ai fini della configurabilità del reato non occorre che le espressioni offensive siano rivolte a fedeli determinati, ma è sufficiente che le stesse siano genericamente riferibili alla indistinta generalità degli aderenti alla confessione religiosa».

La vicenda della mostra di Carpi, dunque, portata all’attenzione da due articoli in esclusiva della Bussola, finisce sotto la lente di un Procuratore della Repubblica. E lo fa proprio negli stessi giorni in cui la Diocesi interviene di nuovo non solo per difendere la mostra di Saltini, ma addirittura per inserirla all’interno del percorso sinodale.

È davvero curiosa questa situazione che si è venuta a creare: mentre i fedeli adiscono le vie legali per vedersi rappresentati nel loro diritto di non venire offesi nella loro sensibilità religiosa, i vertici ecclesiastici di Carpi e Modena non solo fanno quadrato, ma addirittura rilanciano inserendo la mostra in un percorso ufficiale di sinodalità, parola tanto cara oggigiorno, ma ormai permeata di autoreferenzialità per imporre ai fedeli ogni tipo di avanguardia dottrinale e pastorale.

In un comunicato pubblicato sul sito del settimanale diocesani di Carpi Notizie, per la prima volta è intervenuto il Vicario generale della diocesi, monsignor Ermenegildo Manicardi.

Il suo scritto è di totale e entusiastica adesione al progetto artistico di Saltini e don Carlo Bellini, il curatore della mostra, che definisce «suo amico». Ma ciò che stupisce maggiormente è che monsignor Manicardi, dia il via libera «per attivare un processo di dialogo sinodale tra la Chiesa di Carpi e un artista del nostro territorio». Artista che, nel caso di Saltini, è dichiaratamente ateo.

E le polemiche? Manicardi le liquida con disprezzo: «La virulenza chiassosa e violenta imposta al dibattito pubblico e l’attacco risentito e denigratorio al Vescovo diocesano, la dicono lunga sul bisogno urgente di sinodalità trasparente e di condivisione davvero empatica, ben distante dal pressapochismo degli … “sfogatoi”».

In poche parole: dato che i fedeli si sono sfogati pubblicamente, andando ben oltre lo spazio dato dalla Bussola alla vicenda, è la prova che serve ancora più sinodalità. Ma espressioni come «violenza sfacciata che comprende sé stessa come molto pia e prova ad accreditarsi come indiscutibile sacro zelo per i piccoli» sono chiaramente un attacco frontale a quei fedeli che hanno preso carta e penna per scrivere al vescovo lamentandosi di quello che vedevano, al di là delle interpretazioni offerte.

Il risultato? «L’effetto tragico di lacerare il tessuto comunionale della Chiesa, con il rischio aggiunto di sterilizzare tante amicizie» e «l’indebolimento e lo scredito della Chiesa». Davvero un bel modo, da parte dell’autorità ecclesiastica di considerare lo scandalo dei piccoli: incolparli per la loro reazione e accusarli di non essere sinodali e in definitiva di essere loro a indebolire la comunione ecclesiale.

Il concetto di sinodalità espresso da Manicardi è quanto mai autoreferenziale ed elitario, utilizza il sinodo come foglia di fico per imporre le cose d’autorità, stavolta è il turno dell’arte. Domani ci sarà qualcos’altro. Si chiama sinodalità, ma è sempre più il volto di un regime.  

***AGGIORNAMENTO***
2Un esposto alla Procura di Modena «a carico» del vescovo monsignor Erio Castellucci e dei suoi collaboratori «per vilipendio della religione cattolica, bestemmia ed esposizione di immagini blasfeme in luogo sacro con annessa richiesta di sequestro dei quadri osceni ove Gesù e Maria vengono rappresentati in atti sessuali». Lo ha presentato l'avvocato Francesco Minutillo di Forlì, storico esponente della destra romagnola, che spiega di aver ricevuto e raccolto l'incarico da numerosi fedeli di Forlì, Ravenna e Bologna «affinché la Procura di Modena valuti ed accerti le eventuali responsabilità in relazione a quanto sta accadendo presso la mostra promossa dalla Diocesi di Carpi ove sono esposti nella Chiesa Consacrata di Sant'Ignazio dei quadri che ripugnano anche il seppur minimo senso religioso cattolico».  (ANSA)



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carpi

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Nella chiesa del museo diocesano di Carpi una mostra di un artista locale suscita reazioni indignate: blasfemi i quadri con Gesù, la Madonna e la Maddalena. La Bussola ha visto le opere, la guida ammette la provocazione. Ma c'è l'inganno dei curatori diocesani che spacciano per arte sacra dei sacrilegi. Il vescovo Castellucci dovrà risponderne.

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- Il canonista: «Basta clericalismo elitario» di Andrea Zambrano
- La lettera: «Caro Vescovo, chiuda la mostra blasfema»

IL CANONISTA

Mostra blasfema, Comotti: «Ascoltare il popolo, basta clericalismo elitario»

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«Basta con il clericalismo elitario: se il sensus fidei dice che è blasfema, allora quell’opera non deve stare in una chiesa». La mostra di Carpi tiene banco al convegno internazionale di diritto canonico di Venezia davanti al patriarca Moraglia. Il professor Comotti alla Bussola: «L'arte sacra deve approfondire la fede, non ferirla». 

CARPI

Mostra blasfema, i fedeli riparano lo scandalo difeso dal loro vescovo

11_03_2024 Julio Loredo

Più di cento davanti alla chiesa di Sant'Ignazio di Carpi per pregare davanti alla mostra Gratia plena. Per la prima volta i fedeli riparano un atto blasfemo difeso dalla loro stessa diocesi e dal loro stesso vescovo. Ed è solo l'inizio: le preghiere proseguiranno ancora.